Frankenstein

e il Vampiro

Nell’estate del 1816, il continente europeo si trovò ad affrontare una stagione estiva caratterizzata da freddo e piogge continue, che misero a dura prova le coltivazioni e le produzioni alimentari oltre che la popolazione stessa. Solo molti anni dopo si riuscì a comprendere che quel fenomeno in realtà coinvolse tutto il mondo e fu il frutto di una violenta e prolungata eruzione vulcanica nell’attuale Indonesia, sul vulcano Tambora.

Le colonne di fumo e cenere furono così vaste ed intense che riuscirono a modificare integralmente il clima del pianeta, ponendo il genere umano di fronte ad una possibile apocalisse, in quello che dai contemporanei verrà definito:

L’anno senza estate!

Quel che potranno aver pensato cinque intelletuali, irriverenti, romantici e dandy durante un lungo soggiorno sul lago Lemano nei pressi di Ginevra, non ci è dato saperlo.

Ciò che però sappiamo è che in quella lunga, fredda e piovosa estate alle soglie della fine del mondo, questi giovani intellettuali assorti nella propria inquietudine e nel pieno del  Grand Tour, forse per noia, per gioco o per puro diletto, decisero di sfidarsi in una gara letteraria.

L’eclettico geniale e scandaloso George Gordon Byron ed il suo giovane assistente e medico personale John William Polidori da un lato, Percy Byssey Shelley in fuga da un matrimonio e una famiglia non più graditi dall’altro, accompagnato quest’ultimo dall’amante e futura moglie Mary Wollstonecraft Godwin e dalla sorellastra di lei Claire Clairmont, amante di Lord Byron, si trovarono tutti insieme a trascorrere un tumultuoso e passionale soggiorno dove desideri nascosti inseguivano relazioni private e rapporti forse indicibili.

Quando in una notte di metà giugno, e sarebbe il caso di dire, buia e tempestosa, con fulmini e saette a far da sottofondo ad una stagione così spietatamente lugubre, i cinque si ritrovano forzatamente bloccati nell’elegante Villa Diodati, residenza di Lord Byron, ecco che il poeta, perfettamente in linea con se stesso, mise al centro dell’attenzione un suggestivo libro tedesco  di racconti di spiriti e fantasmi: Fantasmagoriana

La nascita di un Mito

Grazie a questa atmosfera lugubre e alla lettura dei racconti tenebrosi, Byron, irriverente e geniale come sempre, lanciò l’idea: una sfida letteraria a tema fantastico-horror, nel quale tutti si sarebbero dovuti cimentare, anche gli altri tre giovani membri del gruppo, pieni di ambizione letteraria ma acerbi e inesperti.

Accadde esattamente ciò che non si aspettarono e la persona in apparenza meno quotata, creò il germoglio dal quale nacque una delle opere più incredibili della storia della letteratura mondiale.

Affascinata da argomenti fortemente in voga in quel periodo, quali il mesmerismo ma soprattutto il galvanismo, quest’ultimo con al centro della propria teoria l’utilizzo dell’energia elettrica, e completamente assorta e assorbita da quel momento di sospensione dalla realtà nella quale si erano perfettamente calati, tra fulmini, amori, screzi, alcool e laudano, la poco più che adolescente Mary concepì una storia tanto incredibile quanto radicata nel più profondo della nostra storia millenaria.

Partendo dal mito del Titano Prometeo, uno dei personaggi più affascinanti della cultura classica, colui che sfidò Zeus donando agli uomini il sacro fuoco, il ribelle che liberò l’umanità dal giogo delle divinità.

Un archetipo antico e potente, al quale Mary si ispirò per creare la sua opera immortale:

FRANKENSTEIN, o il moderno Prometeo!

Se la versione giunta sino a noi è quella rielaborata e completata da Mary alcuni anni dopo, di fatto però in quella manciata di ore concepì, incoraggiata da Percey, questa geniale idea destinata a segnare la letteratura gotica prima, la cultura di massa poi.

Dedicando questo racconto a suo padre, il filosofo William Godwin, si creò in principio l’equivoco per il quale l’opera venne attribuita al ben più noto Shelley, che era stato un suo allievo. Ma quando si scoprì che la vera autrice era la giovane Mary, la critica accolse con ancor più clamore questa opera incredibile, dando da subito una spinta commerciale enorme al libro. 

Una storia, quella del Doctor Victor Frankestein e della sua Creatura che avrebbe trovato nel secolo successivo una enorme cassa di risonanza in quella che sarà definita la ‘settima arte’: il cinema.

Se la genesi di questo personaggio è ormai ben nota ed universalmente conosciuta, ponendo il romanzo di Mary Shelley nell’olimpo della letteratura mondiale, lo stesso non si può affermare dell’altro outsider della sfida, il giovane assistente di Lord Byron che in quelle stesse ore, imbeccato dal suo mentore e incoraggiato proprio da Mary, mise nero su bianco un personaggio che avrebbe cambiato per sempre la storia della letteratura prima e, soprattutto in questo caso, del cinema poi.

La nascita del Vampiro

Partendo dall’idea di questa creatura mostruosa, assetata di sangue umano e sospesa tra la vita e la morte, di fatto presente nelle leggende e nel folklore di moltissime popolazioni del mondo, John Polidori ebbe l’enorme merito di descriverne, per primo, una figura nuova e non convenzionale.

Ed ecco che il protagonista del suo racconto, Lord Ruthven, un elegante e gelido aristocratico conteso dai migliori salotti dell’alta società, incarna questa nuova ed innovativa figura di vampiro, destinata ad ispirare artisti di ogni epoca.

Nello svolgersi della storia, in cui un giovane assistente accompagna questo misterioso personaggio in giro per l’europa attraverso il Grand Tour, impossibile non cogliere un evidente e costante riferimento a Lord Byron e a sé stesso.

I due infatti sono legati da un viscerale rapporto di amicizia, di sicura venerazione e probabile sottomissione di Polidori verso Byron, miscelata forse con una tensione erotica corrisposta solo in parte, o solo in base agli umori irriverenti ed imprevedibili dello scandaloso ed onnivoro poeta inglese.

Ciò che colpisce nella vicenda di Polidori rispetto a quella della Shelley è che, mentre per Mary ed il suo futuro marito, l’iniziale equivoco della paternità del racconto diede una spinta notevole alla fama e al successo dell’opera, per quanto riguarda invece il giovane irrequieto John subì in modo deleterio ed irreversibile l’ingombrante presenza di Byron al suo fianco. Anche nel loro caso inizialmente si credette che il racconto fosse del ben più noto poeta e non è escluso che anche in questo caso gli editori ci giocarono per fare cassa di risonanza.

Il Vampiro in effetti, cosi come Frankenstein, ebbe un buon successo ed ispirò da subito opere e rappresentazioni teatrali di questa nuova ed affascinante figura, demoniaca ma al tempo stesso irresistibilmente attraente.

Goethe stesso, cadendo nell’equivoco, affermò di aver letto una delle migliori novelle mai scritte da Byron!? Nonostante questo però l’inquietudine di John non si placò e anzi,  nella costante e disperata ricerca di approvazione da parte del suo mentore, una volta congedato dal poeta, cercò disperatamente rifugio in una improbabile vocazione ecclesiastica ma anche qui, a causa dei suoi scandalosi trascorsi, venne rifiutato.

Caduto in definitiva e profonda depressione, venne ritrovato poco tempo dopo, a soli 26 anni, morto in circostante misteriose, probabilmente suicida.

Come una perpetua maledizione pronta a scagliarsi sul povero Polidori, dopo decenni in cui la sua creatura, il Vampiro lord Ruthven, godette comunque di una buona fama, accadde però che alla fine del secolo andò ad ispirare uno scrittore irlandese il quale, cogliendo appieno l’essenza di questo archetipo costruito perfettamente da Polidori, diede vita ad un romanzo epistolare destinato a consegnare definitivamente il Vampiro alla leggenda ed alla memoria culturale di tutti.

Lo scrittore si chiamava Bram Stoker e la sua opera … Dracula!

Questo romanzo, sconvolgente e profondo nella sua particolare forma epistolare, andò a rafforzare e dare una nuova linfa vitale e una fama mai raggiunta prima dalla figura del vampiro aristocratico di Polidori.

In realtà molto più oscuro e demoniaco, questo sanguinario conte della Transilvania, ispirato al personaggio storico e patriota nazionale rumeno, Vlad Tepes III, arroccato nel suo castello oscuro circondato da boschi e lupi famelici, impregnato della sua malvagità sovrannaturale e assetato del sangue di anime innocenti, andrà a sostituire integralmente il Vampiro di Polidori nell’immaginario collettivo.

Eredità

Ma ecco che con l’avvento del cinema, queste due storie meravigliose trovarono la consacrazione definitiva.

Nel 1922, agli albori del cinema muto, una pellicola inquietante e destinata a segnare per sempre la storia di tutta la settima arte, prese vita grazie alle sapienti mani del suo regista e grazie ad una interpretazione che ancora oggi lascia dietro di sé una scia di leggende e credenze mai del tutto sopite: Nosferatu il Vampiro!

Dieci anni dopo invece ecco nascere il primo iconico film ispirato all’opera della Shelley, anche se in realtà prese a piene mani da un’opera teatrale di due anni precedente, più che al romanzo stesso: Frankenstein!

Entrambe le pellicole ebbero un successo planetario e dettarono gli schemi e le fondamenta per le decine e decine di opere che seguirono nei decenni successivi.

Se da un lato, purtroppo, della profondità del romanzo della Shelley, troviamo solo alcuni sprazzi nei vari film, nei quali si perdono quasi del tutto i temi incredibilmente moderni e attuali di un’opera senza tempo che con largo anticipo sul corso della storia andò ad analizzare il tema dell’uomo che sfida le leggi della natura, e di Dio, con l’uso della scienza.

Ma anche il tema del doppio e della doppia personalità, ripreso quasi cento anni dopo da Stevenson nel suo Dottor Jekill oltre che da tutta la psicoanalisi moderna.

Il tema del diverso rifiutato dalla società e del dolore di un’anima nobile e fragile costretta a vivere emarginata in sé stessa.

Dall’altro lato invece, il Vampiro avrà forse una sorte più fortunata e, seppur fortemente indirizzate dal Nosferatu di Murnau, nel corso dei decenni le pellicole innumerevoli, ma anche i romanzi e i racconti ispirati a questa icona oscura e sempre viva nei meandri delle nostre paure, avrà una rappresentazione maggiormente variegata e multiforme.

Citare anche solo le principali pellicole e romanzi che nel tempo si sono ispirati a queste icone, è di fatto impossibile e forse inutile.

Non si può però non citarne due, le più recenti e contemporanee, che in modi e modalità nuove ed originali, danno per l’ennesima volta nuova linfa vitale a queste storie immortali:

Povere Creature, uscito alcuni mesi fa e ispirato ad un romanzo contemporaneo, ma di fatto un omaggio enorme all’opera della Shelley. Basti pensare che il ‘papà’ della giovane, conturbante ed imprevedibile creatura, interpretata da una fantastica  Emma Stone, si chiama Godwin, ovvero lo stesso nome da nubile di Mary Shelley, interpretato dal sempre magnifico Willem Dafoe.

Lo stesso Dafoe sarà uno dei protagonisti nella pellicola ed ennesimo remake prossimo ad uscire nelle sale per mano del suo giovane e talentuoso regista, Robert Eggers, pronto a misurarsi in una sfida difficilissima, quella di ricreare l’oscura magia di un opera immortale: Nosferatu

Concludendo questo lungo viaggio durato più di due secoli, partito da una notte estiva contraddistinta da freddo, fulmini, romanticismo gotico e da alcune menti geniali, irriverenti e libere, pronte a scrivere la storia in modo forse inconsapevole, fino ad arrivare ai giorni nostri e alle opere che ancora oggi quella manciata di ore riescono ad ispirare, non posso non citare due film, due piccoli grandi capolavori che forse come pochi altri hanno reso omaggio alle opere originali.

Frankenstein Junior di Mel Brooks, un’opera talmente tanto perfetta nella sua geniale irriverenza, da rendere superflua qualsiasi analisi o commento!

Dracula di Bram Stoker, capolavoro del maestro Francis Ford Coppola e che, a discapito del nome del film, prende a piene mani anche dalla figura affascinante, maledetta e romantica creata da Polidori in quell’oscura e magica notte.

La notte in cui nacquero Frankenstein e il Vampiro❤️

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…e, dimenticandomi della mia solitudine e della mia deformità, osai provare a sentirmi felice.

Mary Shelley

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Nel mezzo delle sregolatezze che accompagnano l’inverno londinese, av­venne che comparisse a vari ricevimenti degli esponenti del bel mondo un nobiluomo, degno di attenzione più per le sue stranezze che per il rango. Osservava con sguardo fisso l’allegria che lo circondava, come se non potesse prendervi parte. Quando la gaia risata di una bella fanciulla attirava la sua attenzione, la gelava con uno sguardo, e incuteva paura in quegli animi in cui regnava la superficialità.

John Polidori